Tra i dischi più sottovalutati dello scorso anno c’è sicuramente questo nuovo lavoro in studio, il quarto per essere precisi, dei norvegesi Atena, che nel giro di una decina di anni circa sono riusciti a guadagnarsi lo scettro di band più prepotente dal vivo di tutta la nazione. Insieme a Halcyon Days e Purified In Blood, Simen Kjeksrud e compagni hanno saputo indirizzare una parte del ricco catalogo di Indie Recordings verso il metalcore più puro, glaciale e terremotante. Nel successore di ‘Possessed’, un poco più orientato verso il djent, c’è tutto quello che avete sempre amato del metalcore americano ovvero breakdown assassini, riff giganteschi, parti di batteria e voce da strapparsi i capelli ed un impatto generale colossale. A rendere leggermente più vario il tessuto strumentale ci pensano alcune influenze industrial e nu metal e ognuna delle collaborazioni presenti sul disco è vincente. Jesper Vicencio Gün dei Ghost Iris rende ancora più brutale ‘No Hope For Miscarriage’ mentre Joel Holmqvist degli Aviana spinge ‘Godforsaken’ a livelli impressionanti, toccati in scaletta forse solo da ‘Born Rotten’ e ‘Death Is All I Think About’. Le liriche di Jakob Skogli, che si alterna al microfono con Kjekrsud, fanno riflettere ed il guitar work di Vebjørn Iversen sembra il risultato di tre chitarristi e non soltanto di uno. Quando poi metterete il disco sul piatto vi verrà da chiedervi se al posto di Urlrik Linstad e Fredrik Kåsin ci siano per caso Josh Gilbert e Jordan Mancino degli As I Lay Dying. Un macello disumano, che vi renderà meno tristi le giornate.