Descrivere la noia non è semplice. Forse sono più bravi i bambini che gli adulti, perché spesso ha a che vedere col tedio della giornata lavorativa o con l’incapacità di dare una svolta, positiva o negativa, che sia alla propria vita. In questo caso è il riflesso di un ascolto che farà discutere mezzo mondo e che personalmente non mi ha trasmesso la minima emozione. Dopo aver valutato l’assoluta inconsistenza dei singoli ‘The Writing On The Wall’ e ‘Stratego’, non mi aspettavo molto se non il classico disco degli Iron Maiden ricco di riferimenti al passato ed eccellente dal punto di vista tecnico e degli arrangiamenti. Mi aspettavo però di divertirmi almeno un po’ e non di ripetere la disgraziata esperienza uditiva di ‘Power Up’ degli AC/DC, per il sottoscritto il nulla più completo. Invece lo sperimentale ‘Senjutsu’ - così lo hanno definito gli stessi inglesi che lo hanno registrato al Guillaume Tell Studio di Parigi sotto la supervisione di Kevin Shirley – riesce a fare pure peggio dei terribili ‘Dance Of Death’ e ‘The Final Frontier’. L’intrigante copertina a cura di Mark Wilkinson si adatta bene alle atmosfere cupe della prima parte dell’album, non distanti da quelle del famigerato ‘The X Factor’, ma fin dall’inizio siamo al cospetto di una moltitudine di idee sviluppate male, di arpeggi di chitarra infiniti che non portano a niente e, non fosse sufficiente, la voce di Bruce Dickinson è spesso abbassata nel mixaggio. La title track lancia un segnale di incompiutezza che purtroppo si ripete più volte mentre scorre l’ambiziosa scaletta. Il cantante e Adrian Smith hanno scritto ‘Darkest Hour’, che avrebbe potuto essere una b-side di uno dei loro lavori solisti e niente più, mentre le tipiche cavalcate di basso di Steve Harris tornano in un paio di episodi tra cui la conclusiva ‘Hell On Earth’, l’unica traccia che potrebbe non sfigurare, sebbene scritta almeno dodici volte in carriera, in una futura setlist. Con tutto il rispetto per la Vergine di Ferro, a sei anni di distanza da ‘The Book Of Souls’ era lecito attendersi qualcosa di sostanzioso e non una manciata di brani pieni zeppi di spunti inconcludenti.