Mi sono imbattuto nei tedeschi grazie al video di 'Hauptbahnhof'. Una voce cavernosa alla Nick Cave e le splendide immagini di Richard Eisenach, mi hanno convinto ad approfondire la conoscenza di questa band, giunta alla quarta fatica su lunga distanza, che ha imparato a creare atmosfere a temperatura e tensione elevate con pochi elementi. Il cantato di Marcel Rösche è chiaramente un punto di forza, barba e attitudine psichedelica sembrano prese in prestito dai Kadavar mentre la produzione ricorda quella di alcune colonne sonore del periodo di passaggio tra gli anni '80 e '90. Rispetto al precedente 'Times To Come', la novità più importante è la presenza di Jan Lammert, capace di spingere il materiale su un livello superiore con pianoforte e synth analogici, e la tracklist è costituita di dieci potenziali singoli. Ogni melodia riesce infatti a catturare l'attenzione, nonostante i Love Machine non siano certo una “macchina” da hit o non ambiscano alle classifiche pop, ed il cantato in lingua madre non inficia l'eccentricità e la godibilità della proposta. I colleghi di etichetta di Suzan Köcher's Suprafon e Neumatic sembrano possedere le qualità per trovare consensi anche fuori dai propri confini.