Mi sono innamorato della musica del violoncellista e compositore britannico grazie a 'Shelley's On Zenn-la' ed alla sua strepitosa performance al Teatro Verdi di Firenze, di supporto a Thom Yorke, e devo dire che attendevo con ansia la sua nuova fatica discografica. In realtà l'anno scorso era già tornato nei negozi con 'Canticles Of The Sky / Three High Places', che lo aveva visto collaborare con John Luther Adams, ma 'Skins n Slime' è definitivamente qualcosa di nuovo e stimolante. Quello di cui avevamo bisogno in un momento così drammatico dell'industria e del mondo in generale. Il disco è stato descritto come “ un’anatomia caliginosa nascosta da una membrana drone-metal, che si nutre di distorsioni meccanizzate delle corde e prospera tra i suoi rifiuti armonici” e si ispira a Enno Velthuys, all’anarchitettura di Gordon Matta-Clark, basata sulla nozione di riempimento e di svuotamento dello spazio, ed alla numerologia musicale dell’artista concettuale Hanne Darboven. Nel complesso la sua opera appare più dark e minimalista, le trame sintetiche sono sublimi e il suono metallico del violoncello mi ha fatto addirittura pensare a certe cose di Justin K. Broadrick (Jesu, Final). A sorprendere è come una suite del calibro di 'Caregiver' possa giacere così bene al fianco di un estratto della colonna sonora di The Bird Game ('Philomela Mutation'). Notevoli pure 'Butoh Baby' e 'Honey' che sembrano nascondere il desiderio di una maggiore accessibilità.