‘Fireworker’ è l’undicesimo capitolo di una discografia avvincente che ha visto i norvegesi protagonisti, quasi sempre attivi, della scena neoprogressive e art-rock internazionale. A partire dall’approdo a Kscope, etichetta tra gli altri di Mansun e The Pineapple Thief, la loro carriera è stata in costante ascesa e le presenti cinque tracce non fanno altro che confermare i risultati ottenuti con ‘Molok’ e ‘Soyuz’. Stavolta il viaggio intergalattico è garantito dalla suite iniziale denominata ‘Space Cowboy’; per oltre venti minuti vi imbatterete in una costruzione melodica maestosa, tra cori gregoriani, atmosfere sognanti e retaggi di Radiohead, Anathema e Muse. ‘Antique’ segue più o meno il medesimo copione mentre ‘Hourglass’ e la title track sono più vicine al materiale di ‘March Of Ghosts’ e ‘Demon’. Il grado di densità sonora è elevato e le epiche tastiere di Thomas Andersen sembrano volere recitare la parte della zona istintiva che ognuno di noi possiede nella propria mente, separata dalla coscienza, e chiamata appunto ‘Fireworker’. Non certo un disco di facile lettura, ma un disco teatrale e suggestivo, capace di trascinare e sorprendere. Un disco che ci auguriamo possa essere suonato al più presto dal vivo, visto che il tour con i Pure Reason Revolution è stato posticipato di un anno, a causa dell’emergenza sanitaria in atto. Dovere attendere così tanto sarebbe un brutto colpo, sia per la band che per tutti i fan dispersi nel globo.