Ascoltando il secondo lavoro in studio della band proveniente da Sydney è evidente come gli sforzi per rendere perfetto il debutto su SharpTone abbiano poi portato ad un secondo album meno omogeneo. Ciò non è necessariamente un difetto perché la produzione è migliorata ed il fatto che lo stile sia più variegato accresce le possibilità di scelta per il futuro. Nel complesso, se amate August Burns Red, Fit For A King e Wage War, allora ‘The Death Of Me’ è un disco che deve far parte della vostra collezione, sia che il metalcore rappresenti una ragione di vita sia che faccia semplicemente parte dei vostri ascolti. La scaletta viene aperta da ‘Pray For Rain’, un pezzo hardcore senza troppi fronzoli, ma già dalla successiva ‘Hypermania’ si percepisce quanto si sia evoluto il songwriting del gruppo negli ultimi tre anni. ‘Landmine’ è il pezzo più legato a ‘This Mortal Coil’ mentre ‘All Of This Is Fleeting’ ricorda certe cose dei Bring Me The Horizon. Jamie Hails non è Chris McMahon o Winston McCall ma possiede in ogni caso le qualità necessarie per rendere l’ascolto intrigante - quando le ritmiche si fanno serrate ma anche quando i tempi si dilatano come nella conclusiva ‘The Descent’ - e non far passare i Polaris come l’ennesima realtà metalcore uguale alle altre. Un aspetto non da poco in una scena in fase di transizione.