L’incredibile copertina a cura dell’artista israeliano Eliran Kantor, nei negozi pure con ‘The Ghost Of Orion’ dei My Dying Bride, varrebbe da sola l’acquisto di quest’album che ripropone la band hardcore metal tedesca ai livelli a cui ci ha abituato negli ultimi anni. Un’etica invidiabile e la ripetizione, a tratti un po' pedissequa, di certi valori (‘Eradicate’) ha permesso agli autori di ‘Deaf To Our Prayers’ e ‘Iconoclast’ di costruirsi una fanbase sempre più massiccia e potere in questo modo competere a testa alta con le più quotate formazioni americane. In sede live gli Heaven Shall Burn raramente hanno deluso e nella loro discografia sono pochi i passaggi a vuoto. In tal senso questo concept ribadisce, tra imponenti stacchi ritmici e le grida scalmanate di Marcus Bischoff, una visione che non è stata intaccata nel corso del tempo. Rispetto al lavoro in studio precedente le influenze melodic death sono maggiori (‘Stateless’) e le sorpresa sono rappresentate dal corposo utilizzo dell’elettronica e dall’aggiunta di archi e orchestrazioni composte assieme al produttore Sven Helbig e registrate successivamente a Minsk con il direttore d'orchestra Wilhelm Keitel. Una scelta motivabile col desiderio di rendere ancora più epica la propria proposta. Se poi siete novizi, il consiglio è quello di procurarvi l’edizione limitata con un documentario, girato da Ingo Schmool, sulla storia della band.