Il secondo album della ragazza di Nashville è meno blues del primo, semplicemente perché il blues è stato incorporato nel suo spirito e adesso è libero di emergere sotto forma di demoni, da scacciare senza alcuna paura, in una moltitudine di generi, dal rock al pop. Dopo un esordio strepitoso come ‘Beyond The Bloodhounds’, una delle più belle voci del momento, dall’animo fragile e scostante, poteva cadere nelle grinfie del music business e rimanere intrappolata in chissà quale confine sonoro. Al contrario si è affidata all’esperienza di Aaron Dessner, chitarrista dei The Nationale, e ha preso ispirazione dal libro della femminista Tillie Olsen, che fece scalpore nel 1962 parlando dell’esclusione premeditata delle donne dai canoni artistici più consolidati. L’opener ‘Clean’ è costruita su una base di archi, sassofono e elettronica e ciò sa tanto di manifesto di intenti. Adia Victoria infatti non ha più bisogno di dimostrare nulla e sperimenta su più territori sonori, lasciando che la sua voce strepitosa dipinga di nero la musica. ‘The City’, in cui troviamo pure un sample di Billie Holiday, ‘Different Kind Of Love’, promossa con uno dei video più interessanti degli ultimi mesi, e ‘Dope Queen Blues’ sono gli apici di una scaletta che non conosce cali di tensione e conferma il talento di un’artista che dal vivo sa stregare come poche.