Difficilmente le selezioni del KEX durante Iceland Airwaves propongono qualcosa che non sia di assoluto livello e proprio nell’ostello al 28 di Skúlagata, a poche centinaia di metri dall’Harpa di Reykjavik, ho scoperto una serie di artisti incredibili. Grazie a KEXP e grazie alla lungimiranza dell’organizzazione del festival, nell’ultima edizione mi sono imbattuto nei Black Midi, uno di quei gruppi dal fascino misterioso e dall’immagine cangiante che da un giorno a l’altro può esplodere in maniera fragorosa. Il pregio più grande dei londinesi è quello di essere totalmente inclassificabili. È vero che nella loro musica troviamo elementi noise, math e post-punk ma ‘Schlagenheim’ è la dimostrazione di come la struttura standard della canzone pop possa essere fatta a pezzi e poi ricomposta a proprio piacimento. Chi parla di Brit Rock non sa di cosa parla. Chi li pone a confronto dei gruppi che negli ultimi vent’anni hanno affollato le classifiche anglosassoni non sa di cosa parla. Eppure i Black Midi hanno frequentato la BRIT School for Performing Arts and Technology e, neanche ventenni, hanno pubblicato un EP con damo Suzuki (Can). Il debutto su lunga distanza è stato registrato invece sotto la supervisione di Dan Carey, che di recente è balzato agli onori delle cronache per il micidiale suono di ‘Dogrel’ dei Fontaines D.C.. Morgan Simpson è un batterista straordinario ed è soprattutto grazie a lui se la band si muove con agilità tra jazzcore, post rock, elettronica e prog. Francamente imperdibile.