Non era difficile prevedere un lavoro consistente dopo sette anni di silenzio ma Clarence Greenwood si è veramente superato. Come di rado mi capita ho avuto tempo di ascoltare la copia promozionale di ‘Heroin & Helicopters’ in automobile e, giorno dopo giorno, la scaletta si è rivelata sempre più potente e magnetica svelando una serie di sfumature che si fatica a cogliere di primo acchito. Per certi versi l’artista cresciuto a Washington D.C. è tornato ad un approccio grassroots senza però smarrire quei risvolti mainstream che ne hanno decretato il successo, a partire dalla collaborazione con Santana, e soprattutto senza mettere da parte la sperimentazione. Ne è uscito fuori un disco estremamente vario e colorato, esaltato dal suo timbro vocale pastoso, tra Damien Rice e Sean Rowe, e da una manciata di liriche che lasciano il segno. ‘Justice’ è ‘Caribeean Skies’ (impreziosita da un tocco elettronico alla Moby) sono due pezzi che arrivano subito al dunque, trascinano negli abissi dell’oceano e poi ti tirano fuori e ti lasciano sulla spiaggia sotto il sole cocente. ‘The River’ è un omaggio a Bruce Springsteen mentre ‘War’ potrebbe provenire da uno degli ultimi album di John Grant tanta è la versatilità del songwriting. Di sicuro un passo in avanti rispetto a ‘One Lovely Day’ e una serie di tracce che dal vivo promettono meraviglie.