JD Tucker ha saputo sfruttare più di tanti altri il momento di maggiore crisi dell’EBM, imponendo la propria matrice harsh con grandi esibizioni dal vivo ed un disco ricco di singoli synth pop quale ‘Timewave Zero’. Adesso, a cinque anni di distanza, torna sul mercato con un album che ha nella potenza e nella varietà stilistica le sue armi migliori. L’orchestrale ‘Magnum Opus’ ha il compito di introdurre l’ascoltatore in un’ambientazione futuristica, ben descritta dal visionario artwork di Axel Torvenius, che mette subito a loro agio gli appassionati di industrial ma allo stesso modo non rende vani i risultati ottenuti nel periodo più recente (‘ATODB’ e ‘Zero Hour’). La scaletta non presenta filler, è organica e asciutta quanto basta per rendere i synth delle martellate come nella dimensione live, con elementi diversi inseriti nel contesto strumentale per accentuare i contrasti. In tal senso da segnalare le chitarre di Emanuele Trinci, il sax di ‘Severed Nations’ ed i ‘featuring di The Invalid e Séamus Bradd in ‘Far Away’. ‘Fall Like Rome’ e ‘Scorn’ rappresentano un ritorno alle origini mentre ‘Hex It’ e ‘Dead Inside’ segnano un’evoluzione significativa rispetto all’impianto melodico del lavoro precedente.