Per recensire in maniera onesta il terzo full lenght dei britannici - anticipato dai singoli ‘William Kidd’, ‘The Chalice’ e ‘Attila’ - è doveroso sottolineare due aspetti. Il primo è che ponendosi all’ascolto dei Monument è inevitabile pensare alle decine di heavy metal band che muovono i loro primi passi scopiazzando o coverizzando gli Iron Maiden (in questo caso viene ripresa ‘Deja Vu’ da ‘Somewhere In Time’). Il secondo aspetto è che una band originale, per quanto derivativa, è sempre meglio di una cover band e ‘Hellhound’ lo prova in maniera inconfutabile. Scorrendo la scaletta non potrete che imbattervi in citazioni inique della discografia di Steve Harris e soci assieme a quale riferimento a Judas Priest (‘Nightrider’) e Rainbow (la reprise di ‘Long Live Rock ‘n’ Roll’) ma ciò non inficia un giudizio complessivo che non può essere che positivo. Tecnicamente i Monument sono molto bravi, possono vantare su due asce solide come Lewis Stephens (ex White Wizzard) e Dan Baune e soprattutto su un frontman di prospettiva come Peter Ellis (che qualcuno ricorderà su ‘Tread The Darker Path’ dei The More I See). Se siete appassionati di NWOBHM e non vi curate troppo dell’originalità farete fatica a togliere questo cd dallo stereo.