Dopo aver riavviato la macchina da guerra conosciuta al mondo come Staind, il buon Aaron Lewis non ha, chiaramente, tralasciato la sua remunerativa carriera solista che negli Stati Uniti si sta rivelando molto redditizia. Messi momentaneamente da parte i panni da profeta depresso del new metal, l’artista a stelle e strisce ha abbracciato da qualche tempo la musica tradizionale del suo Paese, ovvero il country. Se a tutto questo aggiungiamo anche le sue idee politiche molto forti, ci si rende conto che Lewis non è un personaggio banale o di facile definizione. “The Hill”, uscito a distanza di ventiquattro mesi dal suo predecessore (“Frayed At The Both Ends”), è una raccolta di canzoni cupe e sommesse attraverso le quali il cantante si mette nuovamente a nudo. Munito di una chitarra acustica e con il suo classico tono di voce riconoscibile tra milioni, Lewis si abbandona alla musica attraverso un pugno di brani che faranno la gioia degli amanti del genere (negli Stati Uniti gli artisti country vendono tanto e sono delle star incredibili). Non si tratta, però, di tracce veloci o da saloon, ma di ballate molto intime che vogliono colpire nel segno, aspetto questo su cui l’artista è decisamente bravo. Le uniche diversificazioni sul tema si materializzano con la frizzante “Outlaw”, retta da un banjo divertente. Per il resto vige la totale malinconia, mista quasi a un senso di depressione, che porta le canzoni ad assomigliarsi l’una con l’altra, anche se in qualche caso ci sono dei picchi artistici non indifferenti, rappresentati da “Spinnin” e dalla titletrack che si rivelano delle piccole perle. Per chi pensa di trovare materiale simile a quello degli Staind, diciamo subito che è fuori strada. Se, invece, si vuole passare una giornata all’insegna della nostalgia, questo disco è un bel mattone da mandare giù.