Se qualcuno ha nostalgia del punk degli anni settanta e del sound mod di dieci anni prima, la medicina giusta è rappresentata dagli Snuff, band veterana di Londra giunta al suo tredicesimo disco. “Off On The Charbank” è suddivisibile in due parti: la prima è al vetriolo, pesante e impulsiva come poche, mentre la seconda si caratterizza per la sua fortissima componente acustica, dandoci una visione d’insieme del gruppo molto completa. Sinceramente le prime sette canzoni sono davvero belle. “Go Easy” è una mazzata sui denti, la titletrack risente molto dell’influenza dei Clash o dei Rancid (tocca a voi decidere) e “Booster” ha un riff immediato da cui scaturiscono cori che non possono non ricordare gli Who del periodo pre-Tommy, prima che la violenza chitarristica si prenda la scena. I ritmi non calano neanche con la successiva “Yellow Lights” che è un altro omaggio a Pete Townshend ed ha il pregio di crescere ascolto dopo ascolto. Con “Purple Prisoners”, invece, c’è un leggero cambio di rotta. Le tastiere rievocano tantissimo quelle dei primi Kula Shaker, sebbene il brano poi si dipani in maniera prepotente con un groove che ti costringe a sbattere il piedino per terra dall’inizio alla fine. Non c’è parte cantata, ma come strumentale si fa apprezzare, perché ha il pregio di non annoiare, tanto che esso sarebbe perfetto per qualche film d’azione con tanto di inseguimento della polizia al malvagio di turno. “Fireball”, che non ha nulla a che vedere con i Deep Purple, è purissimo ska punk selvaggio e senza fronzoli e qui fanno capolino anche i fiati in puro stile Fishbone. Con “Children Get Ready”, con cui si chiude il lato elettrico di “Off On The Charabank”, ci sono tutti i crismi per essere catapultati idealmente a Carnaby Street. Poi si materializza la seconda parte, quella quieta, acustica, malinconica e tutto sommato meno incisiva della precedente. “Go Easy” viene riproposta in questa chiave, ma non acchiappa come dovrebbe. Tutte le tracce dove si spegne l’amplificatore, preferendo una dimensione più intima, si lasciano, comunque, ascoltare, ma suonano molto simili tra loro. Da “The Skip” sino alla conclusiva “An Arm And A Leg To Kinsey Crag”, ci si addentra in territori che sorridono ai Pogues, a Bob Dylan e a alla tradizione irlandese, dove tutto suona molto simile e dove il cantato, non proprio pulitissimo, incidone su un risultato finale che, comunque, arriva sopra la sufficienza. Se gli Snuff si fossero fermati al brano numero sette che risponde al nome di “Children Get Ready” si sarebbe rasentata la perfezione, ma, come si sa, non si può avere sempre tutto dalla vita.