-Core
Run River North
USA
Pubblicato il 30/11/2016 da Lorenzo Becciani

Come avete scelto di chiamarvi River Run North?
Prima ci chiamavamo Monsters Calling Home ma c’erano anche gli Of Monsters And Men che facevano folk rock piuttosto bene e quindi abbiamo deciso di lasciare perdere quel nome. Più che un nuovo nome era una questione interna della band quella di non mantenerci troppo legati a qualcosa. La nostra identità attuale è stata scelta da una canzone che ho scritto su uno degli amici di mio figlio che si chiama River. Crediamo che le tre parole messe insieme rappresentino un’ottima descrizione delle nostre dinamiche.

Meglio la Corea o gli Stati Uniti? Avete sempre vissuto a Los Angeles?
Sì ci siamo nati e cresciuti. Questa è la nostra casa anche se i nostri genitori sono coreani. Alcuni di loro hanno vissuto più negli Stati Uniti che in patria. Non c’è bisogno di scegliere perché è chiaro che le due nazioni rappresentano qualcosa di totalmente differente per noi.

Vi considerate totalmente accettati negli Stati Uniti?
Dopo avere girato gli Stati Uniti diverse volte in tour ed avere incontrato gente di qualunque stato direi che ci siamo fatti tanti amici un po’ ovunque. Detto questo credo che sia sempre un certo sentimento di sconforto o ansia, specialmente in coincidenza con le recenti elezioni, legato a tanti immigrati che sono ai margini e non si sentono accettati. Tante forme d’arte nascono per dare loro parola.

Quali sono le vostre influenze principali? Quanto è cambiato il tuo approccio compositivo in questi anni?
La musica che ascoltiamo, le relazioni all’interno della band, quello che vediamo allo specchio, i libri che leggiamo, le nostre vite e quelle delle persone a cui permettiamo di entrare nelle nostre vite. Il mio approccio compositivo è sicuramente cambiato per fare in modo che altre persone potessero farne parte a livelli diversi e cercare di ritagliare uno spazio in cui tutti i membri della band siano partecipi.

Come si sono svolte le registrazioni stavolta?
Il processo è stato più libero e ce lo siamo goduti maggiormente perché non eravamo lontani da casa e avevamo già vissuto l’esperienza del primo album. Era comunque un territorio nuovo perché non suonavamo le stesse cose del debutto e cercare un suono collettivo c’è sembrato naturale. Ringraziamo Lars Stalfors per averci aiutato molto in tal senso.

Dove avete registrato?
A San Pedro nello studio dei Cold War Kids con qualche aggiunta nello studio personale di Los Angeles di Lars Stalfors che, oltre ad essere il produttore dei Cold War Kids, ha lavorato con Matt & Kim e ama l’hip hop e gli snacks. Ci ha fatto ascoltare ‘London Calling’ dei Clash come esempio di suono di chitarra e estetica generale di band.

C’è un momento particolare delle sessioni di registrazione che ti è rimasto impresso?
Dopo il setup iniziale, ‘Pretender’ è stata la prima canzone registrata e Lars ci ha girato un mix grezzo prima di tornare a casa. Ascoltarlo e sentire quanto fosse diverso il nostro suono mi ha eccitato tantissimo. Ho capito subito che era la direzione giusta.

Leggere le recensioni sul debutto ha influenzato le vostre scelte in qualche modo?
Personalmente ti direi di sì ma ci sono tanti fattori che vengono prima delle recensioni. Mi piacerebbe che per questo album ci fossero delle recensioni in grado di darmi maggiori stimoli.

Vuoi presentare ‘Run Or Hide’ e ‘Can’t Come Down’ ai nostri lettori?
Scelte interessanti. Entrambe le tracce sono composte insieme a persone esterne alla band. È stata una scelta che abbiamo fatto verso la fine del processo visto che avevamo composto collettivamente tutte le canzoni del secondo album. Il nostro management ci ha chiesto se volevamo andare a Nashville per aggiungere qualcosa al materiale e io e Daniel siamo partiti per i motivi che ti dicevo prima. ‘Run Or Hide’ è stata scritta con Lincoln Parish, l’ex chitarrista dei Cage The Elephant, mentre ‘Can’t Come Down’ con Nick Brown dei Mona.

Chi è il fantasma di cui parli nella sesta traccia dell’album?
Sei te!

I testi sono davvero evocativi e portano alla mente un sacco di immagini potenti. Quali obiettivi ti poni quando li scrivi?
Mi auguro che siano conversazioni che la gente desideri continuare con noi dopo uno show o intervenendo nelle nostre vite.

Ti piace interagire col tuo pubblico in rete? Sei coinvolto negli aggiornamenti del sito ufficiale della band?
Sì e anche il fatto che stia facendo un’intervista con una webzine italiana è grazie ad internet. Abbiamo tutti Facebook, Instagram e Twitter. È una decisione consapevole il fatto di essere connessi il più possibile. È necessario prendersi del tempo libero e creare in tranquillità ma se non sei connesso con gli altri il risultato può essere come l’effetto dell’eco. Il fine ultimo è quello di portare le persone a vederci suonare dal vivo e conoscerle individualmente. Spero che in futuro l’utilizzo di internet migliori e che non sia più uno strumento che abbia bisogno di costante attenzione.

Ci sono dei gruppi underground che ti senti di consigliarci?
Siamo appena tornati da un tour con delle grandi band. Ti consiglio di ascoltare Iron Tom e Finish Ticket ma anche I Japanese Breakfast che ho scoperto di recente e sono grandiosi.

Siete mai stati in Italia?
Mi piacerebbe. Non ci siamo stati ed è venuto il momento di suonare dalle vostre parti.

Ti ricordi dove avete suonato la prima volta?
In una piccola stanza della House Of Blues. Si chiamava Voodoo Room. Hanno tirato giù l’edificio quest’anno credo.

(parole di Alex Hwang)

Run River North
From USA

Discography
Run River North (2014)
Drinking From A Salt Pond (2016)